Roccamonfina: Informazioni turistiche
La storia di Roccamonfina è indissolubilmente legata al vulcano omonimo che, imponente e generoso, ha plasmato tutta l’area dell’alto casertano per spegnersi circa 70.000 anni fa. I primi segni della presenza dell’uomo nell’area vulcanica risalgono a 50-30 000 anni orsono e le tracce, le più antiche mai rinvenute in Italia, sono ben visibili nei banchi di tufo nel comune di Tora e Piccilli e sono conosciute come le “Ciampate del Diavolo”
Risalenti al IV sec. a. C., sono ben evidenti sul Monte Frascara, resti di mura megalitiche segno dell’esistenza di un insediamento fortificato (oppidum). Fonti non sempre concordi presumono che tali resti possano essere attribuiti alla città ausona-osca di Ausona Aurunca. All’epoca della guerra latina (340-338 a. C.); i Sidicini (Teanesi), minacciati dai Sanniti, si rivolsero alla città di Capua per fronteggiare ed impedire l’ invasione, ma gli schieramenti risultarono insufficienti a fermare l’avanzata sannitica. Capua, vistasi in pericolo, sollecitò l’intervento di Roma, che colse l’occasione per penetrare in Campania. I sanniti furono sgominati, ma Roma affermò la sua egemonia. Le città si riunirono nella Lega Latina per opporsi al giogo di Roma e riscattare la propria indipendenza, ma la risposta dell’Urbe fu determinata e la guerra che ne scaturì portò distruzione, saccheggi, violenze. Questa l’origine dei resti murari; tale zona è conosciuta oggi come “l’Orto della Regina”. La pace giunse nel 338 a. C. con grave prezzo per le città della Lega.
Durante il periodo delle invasioni barbariche Roccamonfina fece parte del Ducato di Benevento dominato dai Longobardi, successivamente la frammentazione del Ducato originò i Principati di Benevento, Salerno e Capua a cui Roccamonfina fu annessa. Il Principato di Capua, fu in seguito, ceduto al Principe Normanno Riccardo, Conte d’Aversa nel 1063, da questo momento Roccamonfina seguirà le sorti ed i mutamenti del Regno di Napoli.
Periodo feudale: Normanno e Svevo
Il toponimo “Roccae Montis Fini” compare in documenti risalenti a Re Guglielmo II (1171) e Federico II Svevo (1232); in altri scritti risalenti a Carlo II D’Angiò (1292) si ritrova Roccae Monfini sovrapponibile alla odierna denominazione.
Nello stemma del comune le lettere L A M F stanno per Locus Arcis Montis Fini
A riguardo delle famiglie fondatrici di Roccamonfina si trova menzione della famiglia Giglio in una transazione stipulata nel 1232 tra i Sindaci dell’Università di Roccamonfina ed i discendenti della famiglia stessa. Le famiglie più influenti hanno lasciato il segno nei toponimi locali: Quirino-Guarini, Cembali-Cembali, Urcaro- Cari, Sicio-Tuorisichi, Triano-Torano, Giglio-Giglioli, Ursio-Filorsi.
Periodo Angioino (1266-1442).
Da atti della Zecca di Napoli risulta che Roccamonfina fu soggetta alle famiglie dei Gallucio, Marzano e Caiano che si spartirono il territorio. Durante tale periodo Roccamonfina incominciò ad assumere un’importanza commerciale di grande rilievo, che non verrà mai meno anche nei secoli successivi.
Ai tempi dell’istituzione del Mercato e della Fiera su Monte S. Croce da parte del Re Ludovico e della Regina Giovanna I (1352), da atti ufficiali che riguardano concessioni di privilegi, risulta che Roccamonfina ha ormai un unico Signore: Goffredo Marzano. La famiglia dei Marzano si dedicò ad incrementare gli scambi economici e la ricchezza che ne trasse fu impiegata a costruire il Castello con otto torri di cui una, poco discostata dalla Chiesa Collegiata, appartiene oggi alla famiglia Monaco, altre due racchiudevano il palazzo del Barone Antonio Colletta i cui discendenti nel 1910 ne ripristinarono l’ architettura originaria. Oggi, dopo le vicende belliche che martoriarono questa terra durante la ritirata tedesca, è presente solo la torre detta “la civetta” e la parte che comprende la Cappella.
Nel 1458 Marino Marzano partecipa alla Congiura dei Baroni contro Ferrante I D’Aragona perdendo, sconfitto, i suoi possedimenti che diventano regi per espressa volontà del Re (1464) e rimarranno tali con privilegi su gabelle ed imposte anche sotto il dominio di Carlo V fino al 1536.
Il possedimento di Roccamonfina passò a Consalvo di Cordova quale ricompensa per le battaglie vinte. Ereditato dalla figlia Elvira fu venduto dal nipote Consalvo a Luigi Carafa di Marra, principe di Stigliano per quindicimila ducati; passò alla vedova del figlio di questi: Elena Aldobrandini nel 1615 la quale amò molto Roccamonfina tanto che investì notevoli somme di danaro per abbellire la piazza e migliorarne le vie d’accesso al centro urbano.
La figlia di Elena, Donn’Anna Carafa, alla morte della madre e dei fratelli divenne una delle donne più ricche e potenti del Regno di Napoli e forse d’Italia. Filippo IV, Re di Spagna le impose di sposare Don Ramiro Filippez De Gusmann, Grande di Spagna e Duca di Medina, il matrimonio fu celebrato nel 1636 e Don Ramiro divenne Vicerè di Napoli.
Il periodo successivo vedrà la rivolta di Masaniello a Napoli e nell’alto casertano si afferma la figura rivoluzionaria di Domenico Colessa detto Papone che portò i roccani a parteggiare attivamente per la Repubblica, ma l’aspra repressione finì in un bagno di sangue con saccheggi e incendi per Roccamonfina e l’esecuzione di Papone in piazza Mercato a Napoli (24 -07-1648)
Alterne vicende di carattere ereditario portarono Roccamonfina a passare dai Gausmann di Lass Torres ai Conti di Luzan dopo l’occupazione austriaca da parte dell’Arciduca Carlo figlio di Leopoldo I(1707).
Successivamente Filippo V nel trattato di Rastad decretò che i feudi ritornassero alle famiglie rimaste fedeli alla Spagna, quindi Roccamonfina doveva ritornare in possesso dei Gausmann.
Con l’avvento di Carlo III di Borbone furono messe in atto una serie di riforme illuminate anche grazie alla presenza di un primo ministro, Bernardo Tanucci, profondo conoscitore dei problemi del popolo; furono aboliti i feudi che vennero dichiarati terre regie e tale fu la sorte di Roccamonfina che conservò tale status anche durante il governo di Bonaparte-Murat.
Il feudo di Roccamonfina ha goduto di diversi privilegi tra cui la possibilità di eleggere i propri Sindaci in pubblico Parlamento; come un piccolo stato era diviso in quattro quartieri: Gallo, Garofali, Fontanafredda e Torano, ognuno amministrato da un Sindaco. Tale sistema durò fino al 1807 poi si passò al Sindaco unico il primo dei quali fu Tommaso Rao che ritroviamo anche nel periodo murattiano.
Il fenomeno del brigantaggio trovò un clima fertile tra queste montagne durante il passaggio dal Regno delle due Sicilie a quello Sabaudo.
Successivamente la cittadina si avviò ad un lento processo di crescita culturale che si è integrata con le tradizioni ed è, ancora oggi, ancorato alle salde radici contadine ed ai valori della famiglia e di rispetto verso la natura.
Tra le figure più eminenti a cui Roccamonfina ha dato i natali spicca su tutte Nicola Amore. Nato il 18 aprile del 1828 da famiglia benestante, giovanissimo si trasferì a Napoli per completare gli studi. Perito chimico, laureatosi in legge fu figura eminente del foro napoletano; nel 1862 venne nominato Questore di Napoli e operò difendendo l’unità nazionale contro i movimenti separatisti. I suoi molti meriti gli valsero l’elezione di deputato nel collegio di Teano; nel 1884 divinne Sindaco di Napoli e affrontò il colera che periodicamente assaliva la città e trovava terreno fertile nelle precarie condizioni igienico sanitarie e l’elevata densità di popolazione dei quartieri detti fondaci. In modo geniale Nicola Amore comprese che Napoli aveva bisogno di risanamento urbanistico, lavoro e igiene; fece della questione di Napoli la questione del meridione ed ottenne una legge speciale con finanziamenti elevatissimi per quei tempi. Napoli venne trasformata in una città moderna con una rete fognaria di concezione avveniristica, completò l’acquedotto del Serino, costruì il Rettifilo, la Galleria Umberto, il tunnel di Fuorigrotta. Amatissimo e rispettato, lasciò i suoi averi alla fondazione omonima che per statuto deve sostenere i più deboli e che è strettamente legata a Roccamonfina.
Oggi Roccamonfina è una ridente cittadina con un’ambiente che nulla ha sacrificato alla modernità: boschi di castagni secolari che vengono ancora curati con tecniche antiche e faticose, ma rispettose per la natura; acque dall’indiscusso valore curativo; ritmi di vita che riconciliano mente, corpo ed anima; un’umanità accogliente, semplice che ha sapore d’antico, ma che non disconosce i vantaggi della modernità senza però esserne condizionata.
Tratto da: roccamonfina.asmenet.it
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Il Santurio della Madonna dei Lattani si trova sul monte dei Lattani,850 metri s.l.m., uno dei tanti crateri del vasto comprensorio vulcanico del Roccamonfina, ora spento, ma attivissimo nei tempi antichi. L'attribuzione "dei Lattani" alla Madonna e al