Carinaro: Informazioni turistiche
Carinaro, comune dell’agro aversano trae le sue origini dalla coltivazione della terra. Fiorente era la coltivazione della canapa che veniva trasformata in tessuti e funi dalle industrie canapiere operanti nei Comuni a Nord di Napoli. Con la sostituzione delle fibre artificiali gli agricoltori del posto convertirono la coltivazione della canapa a quella di frutteti ed ortaggi, considerato che la natura del terreno si prestava in modo ottimale a questo nuovo tipo di coltivazioni. Negli anni settanta si è avuta una trasformazione delle attività e del territorio, da consolidata antica e sana realtà agricola a quella industriale che ha negli anni a seguire ha causato molti disoccupati. Quindi dalla tradizione agricola si è passati a quella industriale. Nell’attività primaria sono rimaste le persone più anziane, mentre la maggioranza è occupata nel settore secondario e terziario. Si è avuta, da un lato l’espansione della base occupazionale e culturale nel settore demografico, mentre nell’altro si è verificato l’impoverimento delle capacità produttive nel settore agricolo.
Lo storico Lorenzo Giustiniani, nel suo dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli, scrive che Carinaro fu uno dei paesi dell’antica Atella e lo storico Pratilli nella “Dissertazione de Liburia”, fra i paesi occupati dai Longobardi nomina anche Carinaro o Casignano.
Tra i primi padroni di Carinaro o Casignano troviamo Isabella consorte di Giovanni Cippola milite. Al tempo di Giovanna II, il padrone e capitano a vita fu Carlo de S. Flaymundo.
Nel 1418 lo possedeva Carlo Sanframondo con Casoria, Olivola, Sarcone, Cervito, Sangiuliano e Petrarosa.
Nel 1352, morto Matteo Sanframondo, le due figlie, l’una delle quali sposò Giovanni Pacifico, l’altra Galeazzo del Tufo, si divisero il feudo secondo il costume longobardo.
Nel 1452 Casoria, Olivola e Carinaro passarono a Giovanni Di Costanzo. Nel 1500 una metà passo a Lucio di Sangro, come successore della famiglia del Tufo, l’altra a Giuseppe Pacifico.
Nel 1572 l’acquistò Lucrezia Brancaccio totalmente, avendone comprato mano a mano le porzioni secondo il numero dei figli alla maniera longobarda. Nel 1580 l’acquistò per intero Nicola di Sangro nel 1622 lo passò a Luzio, suo figlio, istituendovi una primogenitura di ducati 58.000.
I duchi di Carinaro furono i Mormile e di essi si ricorda che fecero battezzare alcuni turchi che erano stati al loro servizio come risulta dal libro dei battezzati dell’anno 1665. Gli ultimi duchi furono don Cesare Mormile e, quindi, don Michele, che, con la eversione della feudalità avvenuta nel 1806, sostenne la causa con il Comune di Carinaro sugli “usi civici”.
Nel 1689 Carinaro contava 98 fuochi, nel 1797 contava 750 anime.
Nel 1720 donna Isabella Gesualdo, madre, balia e tutrice di Odorisio di Sangro, marchese di San Lucido, vendette detto feudo unitamente a quello di Casoria, Olivola e Turitto per comprare fondi per fiorini 370.106 e carantani 32, moneta d’Alemagna, da donna Eleonora di Mansfeldt, dando i primi tre feudi al barone Luigi Ronchi per ducati 42.000. Nel 1728 il detto Odorisio di Sangro, marchese di San Lucido e principe di Fondi, vendette i suddetti tre feudi di Carinaro, Casoria ed Olivola al detto Ronchi, tenutario. I periti che apprezzarono detti feudi dubitarono della loro natura. Il tavolario Stendardo li giudicò di natura longobarda, valutandoli ducati 69.155. Nel 1745 essendo morto don Luigi Ronchi, vi fu una clamorosa lite tra i due discendenti. La questione rimase insoluta fino all’eversione della feudalità e cioè fino al 1806. Nel 1928, a seguito dell’abolizione della provincia di Terra di Lavoro da parte del regime fascista, il Comune di Carinaro fu aggregato alla città di Aversa e, quindi, appartenne alla provincia di Napoli.
Fonte: comune.carinaro.ce.it
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